Archivia 19 Maggio 2025

Bambini che mordono: cause, significati e strategie per affrontare i morsi

da sospediatra.org

Quando ci si trova ad affrontare il problema dei bambini che mordono, è naturale provare una combinazione di preoccupazione, confusione o imbarazzo, e si finisce per sentirsi frustrati se il proprio figlio diventa aggressivo con altri bambini, con i fratelli o con mamma e papà.

Nei bambini piccoli, in realtà, i morsi sono un comportamento piuttosto comune, soprattutto tra i 12 mesi e i 3 anni, ma possono essere difficili da gestire

Capire perché i bambini mordono è il primo passo da compiere per gestire la situazione con serenità ed in modo efficace, evitando reazioni impulsive e promuovendo uno sviluppo emotivo sano.

Bambini che mordono: perché? Le cause più comuni

Ci sono diverse ragioni per cui il bambino morde, e spesso queste cambiano a seconda dell’età, del contesto e della personalità del piccolo. Ecco le cause principali di questo comportamento:

1. Esplorazione sensoriale

I bambini che mordono nei primi anni di vita spesso lo fanno per curiosità. 

Così come utilizzano il tatto per conoscere le cose e le persone, toccando con le mani, allo stesso modo “assaggiano” gli oggetti — e anche le persone — con la bocca. In questa fase, il bambino morde non per aggressività, ma per curiosità. È un modo per conoscere il mondo!

2. Dentizione

Uno dei motivi più comuni per cui il bambino morde è il dolore dovuto alla dentizione.

Le gengive gonfie e fastidiose possono provare sollievo nel mordere qualcosa di solido — e talvolta, accidentalmente o meno, si tratta di una mano o della spalla di chi si trova vicino a lui.

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L’iperprotezione dei genitori fa male quanto abusi e negligenza

da popsci.it

Un’atteggiamento iperprotettivo e intrusivo da parte dei genitori possa rappresentare un fattore di rischio per la salute mentale del bambino, al pari di forme più gravi di maltrattamento come abusi e trascuratezza. Questo è quanto emerge da due studi frutto della collaborazione tra il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino e l’Università Europea di Roma. I risultati, pubblicati sulle riviste Child Abuse & Neglect e Journal of Affective Disorders, rappresentano un significativo passo avanti nella comprensione dell’impatto della genitorialità disfunzionale sullo sviluppo neuropsicologico e sulla regolazione emotiva.

Tradizionalmente associata a forme gravi di maltrattamento, la genitorialità disfunzionale (GD) comprende anche stili educativi meno visibili ma altrettanto dannosi, come il controllo genitoriale eccessivo. Questo stile, caratterizzato da iperprotezione e intrusività, compromette lo sviluppo dell’autonomia e può lasciare impronte profonde nella struttura e nel funzionamento del cervello. “Traumi infantili come abusi e trascuratezza – spiega Rita Ardito del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino, coordinatrice del gruppo di lavoro – sono da tempo riconosciuti come fattori di rischio per la salute mentale, ma il ruolo di stili genitoriali meno visibili, come il controllo eccessivo, è stato finora meno esplorato. Il controllo eccessivo limita fortemente l’esplorazione dell’ambiente e l’autonomia del bambino, impedendogli di sviluppare fiducia in sé stesso e capacità decisionali“.

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