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da il sole24ore.com
Accessi in Pronto soccorso mai così consistenti rispetto agli anni passati e occupazione dei posti letto vicina ai massimi livelli di sostenibilità. Le tante infezioni da virus respiratori nei bambini nelle ultime settimane mettono a dura prova i reparti in gran parte delle realtà italiane. Dalla Società italiana di pediatria (Sip) arriva la sollecitazione al governo per un rafforzamento delle terapie intensive pediatriche sottodimensionate. Con più personale sanitario a disposizione ed omogeneità delle cure garantita su tutto il territorio.
I perché del sovraccarico
La presenza concomitante di due aspetti motiva il sovraccarico nelle strutture di assistenza. Da un lato l’età dei bambini con bronchiolite da virus respiratorio sinciziale (Vrs), dall’altro lato i casi di “co-infezioni” causate da più agenti patogeni che colpiscono assieme lo stesso organismo. Condizioni, queste, che richiedono spesso un ricovero in ospedale, nei casi più gravi in terapia intensiva e un notevole sforzo organizzativo.
Un virus altamente contagioso
«Con la cessazione delle restrizioni da Covid-19, senza più l’impiego di mascherine, senza un attento lavaggio delle mani e senza il distanziamento sociale, è divenuto inevitabile che alcuni agenti patogeni rifiorissero con la stagione invernale», spiega il professor Donato Rigante del Dipartimento di Scienze della vita e salute pubblica del Policlinico “A. Gemelli” di Roma. «In particolare, il virus respiratorio sinciziale umano è un virus altamente contagioso appartenente alla famiglia dei paramyxovirus, molto diffuso d’inverno in tutte le latitudini. È la principale causa di bronchiolite e polmonite nei bambini con meno di due anni».
Oltre 3 mln di ospedalizzazioni da Vrs nel mondo
«Il nome del virus deriva dalle colture dei tessuti infettati con questo patogeno, le cui le cellule tendono a fondersi tra loro, generando un conglomerato (ovvero un “sincizio”)», aggiunge il pediatra. Le “co-infezioni” con altri virus (ad esempio influenzali, ma anche metapneumovirus, rhinovirus, adenovirus e così via) si possono osservare nel corso di epidemie, come in questo inverno, ma in genere sono meno frequenti. «A livello globale oltre 3 milioni di ospedalizzazioni pediatriche sono riferibili al Vrs: questa infezione è per lo più universale entro i due anni d’età, pertanto più o meno tutti i bambini ne vengono coinvolti».
La terapia dei casi complicati
Tuttavia, la gravità di questa patologia che può condurre all’occlusione dei piccoli bronchi e all’insufficienza respiratoria è inversamente proporzionale all’età del bambino (la gravità è maggiore quanto più è tenera l’età del paziente). «L’esposizione al virus determina la necrosi delle vie respiratorie, cui segue un aumento della secrezione mucosa che può ostruire i bronchi più piccoli nella fase di fuoriuscita dell’aria dai polmoni, creando un rischio di abbassamento di ossigeno nel sangue o causando un respiro affannoso che può ostacolare l’allattamento del bambino», fa osservare Rigante. Una volta contratto, il virus respiratorio sinciziale viene eliminato per periodi variabili di 7-10 giorni e nella maggioranza dei casi l’infezione guarisce spontaneamente. «La terapia dei casi complicati potrebbe invece richiedere ossigeno, fluidoterapia ed assistenza respiratoria intensiva». Di qui l’eccezionale carico sul sistema di assistenza riservato specificamente ai più piccoli, nel momento particolare.
Alta specialità, la quota di posti in Italia
Anche alla luce di questa situazione, la Società italiana di pediatria punta il dito verso il sottodimensionamento delle terapie intensive pediatriche (Tip). L’assenza di un codice ministeriale che le identifichi in maniera precisa (presente per tutte le altre discipline assistenziali nel nostro Paese) rende molto difficile stimare il loro numero esatto. Facendo riferimento a dati empirici, nel nostro Paese ci sono circa 3 letti di terapia intensiva con specificità pediatrica ogni milione di abitanti. Un valore di circa la metà di quello inglese e di circa un terzo rispetto a Austria, Svizzera, Germania o Usa.
Staiano: terapie intensive dedicate, migliore prognosi
«Assistere i bambini in unità di terapia intensiva dedicate significa migliorare la prognosi rispetto a coloro che vengono ricoverati in terapie intensive per adulti. Questo è tanto più vero quanto il bambino è più piccolo e più grave. Le Tip sono infatti tarate sui bambini e hanno un’elevata specificità non solo dei device ma anche delle competenze del personale», afferma la professoressa Annamaria Staiano presidente della Sip. La richiesta all’esecutivo è di «un loro rafforzamento, con un aumento dei posti letto e del personale, ma anche un impegno a lavorare per garantire un’assistenza omogenea a tutti i bambini in ogni area del Paese».