Coronavirus: perche’cosi pochi casi fra i bambini

Coronavirus: perche’cosi pochi casi fra i bambini

Share this content:

da medicalfacts.it di Roberto Burioni

Uno dei dati che sta emergendo dall’analisi dei casi d’infezione da coronavirus è che i bambini sembrano essere meno soggetti alle forme clinicamente più gravi. Noi di Medical Facts siamo stati fra i primi a segnalarvelo e oggi proviamo a ipotizzarne le cause.

Nella vita di ogni giorno, ma soprattutto in situazioni di emergenza, chi ha bambini ha un pensiero fisso: garantirne il benessere e la sicurezza. Non è, quindi, sorprendente il fatto che la nostra pagina sia stata sommersa di domande relative al rischio che i bambini corrono con il coronavirus. Partiamo da una premessa base: attualmente il nuovo coronavirus non circola nel nostro Paese. Gli unici due casi identificati in Italia (i turisti cinesi in isolamento allo Spallanzani di Roma) si sono infettati in Cina. Per dirla in altro modo, i nostri bambini (e noi stessi come loro) corriamo immensamente più rischi di essere investiti da un auto o da un monopattino, che non di essere infettati da un virus che non c’è. C’è inoltre un altro dato epidemiologico, ancora da chiarire riguardo le cause, che però si sta rafforzando sempre più man mano che aumentano i dettagli sui casi clinici. Non sono state descritte forme gravi di infezione da nuovo coronavirus nei soggetti al di sotto dei 15 anni.

Non ci sono bambini e ragazzi nei più di 500 casi ospedalizzati descritti finora.

Siamo stati fra i primi a segnalarvelo e oggi vorremmo provare a ipotizzare perché questo succeda. Lo facciamo non come semplice esercizio teorico, ma per dare un contributo all’analisi di un fenomeno che, se meglio compreso, potrà aumentare ancora di più l’efficacia delle misure di contenimento già messe in atto.

Possibili spiegazione epidemiologiche

La prima possibile spiegazione è semplicemente che ci sia stata un’errata notifica dei casi nei bambini. Un errore per intenderci. Questo avrebbe potuto aver senso nelle primissime fasi dell’epidemia, quando i casi erano ancora limitati e le considerazioni di carattere statistico ancora poco solide. Oggi, però, con più di 500 casi pubblicati sulle due più prestigiose riviste mediche nel mondo, quest’ipotesi dell’errore di notifica perde in fondatezza e il dato dell’assenza di casi gravi nei bambini salta ancora di più all’occhio.

Un’altra possibilità è che i bambini non hanno forme gravi semplicemente perché non sono stati esposti al virus. Non sono stati infettati, per intenderci. Anche questo poteva essere vero nelle prime fasi dell’epidemia, quando gran parte dei soggetti infettati rivelavano contatti più o meno diretti con il mercato ittico di Wuhan. I bambini potevano non essersi infettati semplicemente perché non andavano al mercato tanto quanto lo facevano i loro genitori o, in generale, i soggetti adulti. Anche quest’ipotesi della mancata esposizione decade, però, ora che è più che accertata la trasmissione interumana. I bambini potevano non essere stati esposti al mercato di Wuhan, ma sicuramente lo sono stati in casa ai genitori che da lì tornavano o, comunque, a soggetti che si erano infettati in altro modo.

Ulteriore possibilità è che i bambini non possano essere infettati dal virus. Anche questa, però, è un’ipotesi veramente molto remota. Non ci sono differenze sostanziali, per esempio, nelle caratteristiche delle cellule di un bambino rispetto a quelle di un adulto, che garantisca le une o le altre rispetto al rischio dei essere infettate da un virus. Un virus in grado di farlo non fa distinzioni fra le une o le altre. Questa considerazione è poi supportata anche da alcuni dati pubblicati in letteratura che hanno descritto l’andamento dell’infezione in un nucleo familiare cinese. Anche in questo caso, segni e sintomi più severi negli adulti: nulla nei due bambini. Con una differenza che merita attenzione, però: uno dei due bambini aveva il virus nel proprio organismo, con addirittura segni di interessamento polmonare. Semplicemente non aveva sintomi o, se li aveva, li manifestava in forma non chiaramente rilevabile. In altre parole: era infettato, ma non manifestava i segni della malattia.

Possibili spiegazioni virologiche

Allora perché, se si infettano i bambini tendono a non sviluppare forme clinicamente gravi? Qui le spiegazioni possibili sono varie e non è questa la sede per approfondirle tutte nel dettaglio. È sufficiente, però, sapere che il danno che un virus causa alle nostre cellule (a quelle polmonari, per esempio) può essere sia diretto che indiretto. Il primo è l’effetto diretto della replicazione massiccia del virus all’interno delle cellule che ne causa la distruzione. Un gancio destro in pieno mento, tirato direttamente dal virus alle cellule infettate (in termini tecnici si parla di effetto citopatico). Mancano ancora molti dettagli, ma, per esempio, sappiamo che l’effetto citopatico di un virus simile –  come quello della SARS – non è fra i più devastanti fra quelli conosciuti in ambito virologico. Anche i primi dati virologici sul nuovo coronavirus sembrano andare in questa direzione.

Molto importanti sono, però, anche gli effetti indiretti scatenati dal virus. In particolare, la possibilità che l’infezione virale possa indurre una forte risposta infiammatoria da parte del nostro sistema immune che –ahinoi – ha come effetto collaterale quello di distruggere in modo incontrollato anche le nostre cellule. Una sorta di drammatico fuoco amico. Ecco: il fatto che l’infezione nei bambini non causi una forma grave di malattia potrebbe essere dovuto al fatto che il virus non è in grado (per vari motivi) di scatenare questa fortissima riposta infiammatoria che, soprattutto nelle prime fasi, rischia di distruggere in modo irreparabile le cellule dei nostri polmoni. Quello che, invece, potrebbe succedere negli adulti.

Importanza pratica di queste osservazioni

Queste considerazioni – del tutto teoriche e preliminari, che potrebbero essere smentite con la riapertura delle scuole in Cina o dall’analisi di un numero maggiore di casi –  potrebbero, però, avere un’importanza pratica notevole che rende ancora più urgente arrivare a definirne la fondatezza e i dettagli. Da un lato tranquillizzano per quel che riguarda i nostri figli, a maggior ragione dal momento che – lo ripetiamo a scanso di equivoci – il virus non sta circolando nel nostro Paese. Dall’altro, però, impongono di prestare estrema attenzione ai casi d’infezione senza o con pochi sintomi. Questo è l’aspetto che, se ci trovassimo a studiare in loco l’epidemia, cercheremmo di chiarire con massima celerità. Non tanto per i bene dei nostri ragazzi, ma soprattutto per il bene di noi adulti e per mettere a punto il modo migliore per combattere questa pericolosa epidemia.

marco

I commenti sono chiusi