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Cosa è un ossiuro?
E’ un piccolo vermicello bianco-trasparente di circa 1 cm, detto anche “Enterobius vermicularis”, che vive esclusivamente nell’intestino umano.
Il bambino, ma anche l’uomo adulto, si infesta ingerendo le microscopiche uova del verme. Queste uova, dopo essersi dischiuse nell’intestino, danno origine in circa 1 mese al verme adulto, la cui femmina depone le uova a livello dell’orifizio anale.
Chi colpisce e come ci si contagia?
L’infestazione colpisce prevalentemente i bambini in età prescolare e scolare (a volte anche 1 bambino su 2!). Questi, dopo avere toccato oggetti contaminati da feci, mettendosi le mani in bocca ingeriscono inavvertitamente le uova del verme che possono sopravvivere nell’ambiente esterno all’intestino anche qualche giorno.
In pratica, quando il verme depone le uova a livello anale il bimbo può avvertire intenso prurito ed è portato a grattarsi il culetto. Piccoli residui di feci attraverso le manine del bimbo possono essere portati agli oggetti con cui viene in contatto: giocattoli, matite, penne, ma anche lenzuola, asciugamani e sanitari. Ed ecco che il “cerchio si chiude”: un altro bimbo toccando gli stessi oggetti e portandosi a sua volta le mani alla bocca viene infestato. Negli adulti l’infestazione è meno probabile, ma non rara.
Il sintomo più tipico è il prurito a livello anale. Quando si nota che il bimbo si gratta spesso il culetto bisogna insospettirsi. Il prurito si fa di solito più intenso quando il bimbo si corica nel letto la sera. Con un po’ di fortuna il genitore può allora intravedere, aprendo leggermente l’orifizio anale con 2 dita, qualche vermicello che risale velocemente verso l’interno: se si guarda con attenzione non ci si può sbagliare ma bisogna essere rapidi e, appunto, fortunati.
Nelle bambine a volte l’ossiuriasi è responsabile di prurito vulvare e vaginite.
Il fastidio per il prurito si può accompagnare inoltre a irrequietezza e irritabilità: il bimbo appare “diverso” da come era tempo prima e il genitore può non spiegarsi questo cambiamento…
Altri sintomi, fra cui l’ orticaria, sono più rari.
Come si scopre?
Come detto, gli ossiuri si possono anche vedere direttamente: nell’orifizio anale o più raramente nelle feci. Altre volte è necessario ricorrere allo “scotch test”: al mattino, prima che il bimbo evacui e venga lavato, si applica del nastro adesivo per qualche minuto sull’apertura anale. Se è in corso un’infestazione da ossiuri, le uova rimarranno attaccate al nastro adesivo e potranno essere evidenziate al microscopio. E’ un esame di laboratorio semplice ma le uova non sempre si “beccano al primo colpo”. Per essere più certi del risultato bisognerebbe effettuare almeno 3 test, se i primi danno risultato negativo, ma se i sintomi sono chiari il medico può decidere di procedere direttamente alla cura.
Cosa fare?
La cura è semplice ma non è detto che si riesca ad eliminare gli ossiuri in maniera definitiva.
• Esistono farmaci, come il Mebendazolo, che vanno somministrati in dose unica o doppia per 2-3 giorni e ripetuti dopo 1 e 2 settimane. Sono tuttavia controindicati nel bimbo sotto l’anno di età.
La cura però non è sufficiente da sola.
• E’ importante infatti impedire l’autoreinfestazione spazzolando con acqua e sapone le manine del bimbo (durante il grattamento alcune uova potrebbero essersi attaccate sotto le unghie) e cambiando la biancheria intima, le lenzuola e gli asciugamani. Come detto le uova possono sopravvivere negli oggetti: in caso di recidive frequenti può essere necessario lavare i giocattoli o sostituire temporaneamente quelli che il bimbo usa più spesso con altri, nell’attesa che le uova muoiano.
• Spesso altri familiari possono essere colpiti dagli ossiuri: nel dubbio si può effettuare lo scotch test o, se il medico lo ritiene opportuno, procedere direttamente alla somministrazione del farmaco a tutti i conviventi. Il farmaco è controindicato in caso di gravidanza per cui le donne in età fertile è bene attendano le mestruazioni prima di assumerlo.
• Altre misure, come abituare il bambino a lavarsi regolarmente le manine e non metterle in bocca, sono naturalmente utili per sè e per gli altri.
© 2003, Dr.Stefano Gorini