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Turpis mollis

Influenza, Cdc: in aumento le complicazioni neurologiche nei bambini

da doctor33.it

La stagione influenzale negli Stati Uniti ha causato un aumento preoccupante di complicazioni neurologiche nei bambini, con almeno nove decessi pediatrici legati a encefalopatie e encefaliti associate al virus. Il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) ha segnalato che i casi più gravi presentano sintomi come convulsioni e alterazioni dello stato mentale, portando a ricoveri d’urgenza e, in alcuni casi, alla morte.

Secondo un’analisi del CDC su oltre 1.800 decessi pediatrici legati all’influenza dal 2010, circa il 9% presentava complicazioni neurologiche. Quest’anno, i dati suggeriscono un incremento di queste manifestazioni, anche se non è ancora chiaro se si tratti di una tendenza a lungo termine. Quello che emerge con certezza è che la maggior parte dei bambini colpiti non era vaccinata.

Gli esperti ribadiscono l’importanza della vaccinazione antinfluenzale, che secondo i dati preliminari riduce il rischio di ospedalizzazione nei bambini tra il 64% e il 78%. Anche la somministrazione precoce di antivirali può aiutare a contenere la gravità dell’infezione. Nel frattempo, i medici vengono esortati a monitorare con attenzione i casi pediatrici con influenza, prestando particolare attenzione a sintomi neurologici che potrebbero indicare un decorso più grave della malattia.

Mononucleosi nel bambino, sintomi, cure e complicanze

da sospediatra.org

Cos’è la mononucleosi?

La mononucleosi è una malattia infettiva, causata da un virus, il virus di Epstein-Barr (EBV), che appartiene alla famiglia degli herpesvirus. Quest’infezione virale, nota anche come “malattia del bacio”, è comune soprattutto in età adolescenziale, ma può essere contratta a qualsiasi età.

Quali sono i sintomi della mononucleosi nel bambino?

L’incidenza di sintomatologia infettiva tipicamente associata ad EBV ha un picco nella fascia d’età 15-20 anni, e rimane elevata in età giovane-adulta. Viene di seguito riportata la sintomatologia più comunemente descritta in età adolescenziale-giovane adulta.

Durante una fase prodromica:

  • astenia (stanchezza), malessere generalizzato
  • cefalea
  • febbre, solitamente di basso grado (febbricola)

Con la progressione della malattia possono seguire altri sintomi della mononucleosi:

  • febbre: può diventare più persistente e più severa nel corso dell’infezione;
  • faringo-tonsillite: infiammazione del faringe e delle tonsille, che risultano ingrossate, arrossate e ricoperte di essudato (formazioni biancastre, comunemente note come “placche”); può portare ad importante dolore alla deglutizione, rendendo più difficile alimentarsi ed idratarsi;
  • linfoadenopatia: ingrossamento dei linfonodi cervicali, coinvolti in modo simmetrico; con la progressione della malattia può diffondersi anche ad altri linfonodi;
  • astenia: presente già in fase prodromica, può essere persistente e risolversi più lentamente dell’infezione stessa;
  • splenomegalia: ingrossamento della milza;
  • epatomegalia: ingrossamento del fegato, più raro rispetto al coinvolge mento della milza;
  • rash cutaneo(esantema): eruzione cutanea, in genere maculo-papulare diffusa, talvolta anche orticarioide o petecchiale. Precedentemente tale sintomo è stato associato all’utilizzo di antibiotico beta-lattamico, ma è stato osservato che il rash si può manifestare anche in associazione ad altri antibiotici ed anche in assenza di esposizione all’antibiotico.

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Il bilinguismo come risorsa per i bambini con autismo

da popsci.it

Parlare più lingue in famiglia può portare numerosi benefici cognitivi, in particolare per i bambini con disturbo dello spettro autistico (ASD). Questa è la conclusione di una nuova ricerca condotta dal College of Arts and Sciences dell’Università di Miami.

Un team di ricercatori guidato da Celia Romero, dottoranda in psicologia clinica, insieme ai professori Lynn Perry, Michael Alessandri e alla ex docente dell’Università di Miami Lucina Uddin, ha analizzato il ruolo del bilinguismo su un campione di 112 bambini tra i 7 e i 12 anni, comprendente sia bambini con sviluppo tipico che bambini con autismo. I risultati hanno mostrato che i bambini bilingue possedevano competenze di funzionamento esecutivo più sviluppate, ovvero una maggiore capacità di controllare gli impulsi e di passare da un compito all’altro rispetto ai coetanei monolingui.

“Abbiamo scoperto che il multilinguismo è associato a miglioramenti nelle funzioni esecutive, che a loro volta sono correlate a un miglioramento dei sintomi dell’autismo”, ha dichiarato Perry. “C’erano già indizi nella letteratura scientifica, ma è stato emozionante vedere la portata di queste differenze nel nostro studio.”

Pubblicati sulla rivista Autism Research, i risultati dello studio sono significativi poiché le funzioni esecutive rappresentano una sfida fondamentale per i bambini con autismo, influenzando la loro capacità di adattarsi a nuovi contesti e di gestire compiti complessi. Tuttavia, i benefici del bilinguismo non si sono limitati ai bambini con ASD: anche i bambini con sviluppo tipico hanno mostrato miglioramenti nelle funzioni esecutive.

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