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Acquaticita’ neonatale

da bambinopoli.it

Si chiama, infatti, nuoto neonatale l’attività acquatica rivolta a neonati e bebè. Lo scopo, chiaramente, non è quello di insegnare ai piccoli i segreti degli stili e le tecniche di nuoto più raffinate, ma prolungare nel bambino il piacere dello stare ancora nell’acqua, muovendosi in un ambiente che gli è familiare e progredendo man mano verso la completa autonomia dei movimenti.
Si lavora, quindi, sulla motricità e non sulla tecnica di movimento per educare il piacere del corpo attraverso la scoperta di sé: non si tratta, perciò, di un precoce avviamento al nuoto, ma di un’esperienza piacevole attraverso la quale migliorare lo sviluppo psico-motorio del neonato sfruttando l’ambiente acqua come fonte di stimolo per la crescita.

Durante questi corsi, dunque, ai bambini vengono proposti attività ludiche di cui l’acqua è l’elemento caratterizzante per creare un forte punto di contatto tra i bebè e i loro genitori, in modo tale da arricchire in questo modo il loro bagaglio emotivo e percettivo. Le piscina preposte allo svolgimento di nuoto baby sono, infatti, spesso caratterizzate da un’atmosfera allegra e vivace, le vasche sono colorate e piene di giocattoli che stimolano la fantasia del bambino, mentre gli spogliatoi devono in qualche modo richiamare alla mente un mondo incantato e sospeso nel quale immergersi.

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Mascherine negli studi. Ecco le linee guida per i pediatri

da quotidianopediatria.it

A partire da oggi i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta potranno contare su un documento snello, con solide basi scientifiche, per decidere in autonomia e sulla base della situazione contingente se e come rendere obbligatorio l’uso delle mascherine nei loro studi e garantire il contenimento del rischio infettivo. Grazie ad un lavoro realizzato di concerto tra i medici della Federazione italiana dei medici di medicina generale (Fimmg) e della Federazione italiana dei medici pediatri (Fimp), è stato infatti varato un manuale operativo che, in poco più di 10 pagine, offre ai singoli camici bianchi criteri di valutazione che si adattano ai differenti scenari epidemiologici e alle rispettive specificità organizzative.

“Non un’elencazione rigida di linee guida – sottolinea Tommasa Maio (Fimmg) – bensì uno strumento agile e flessibile che, guardando alle differenze che inevitabilmente contraddistinguono le varie realtà assistenziali di prossimità, riesca a favorire comportamenti omogenei. Il documento è un po’ come “una cassetta degli attrezzi” che vuole supportare le scelte dei singoli professionisti chiamati ad applicare questo strumento ai vari contesti ed offrire quella pronta risposta e resilienza alle emergenze infettive auspicate dall’OMS”.

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Dopo il Covid più bimbi e adolescenti dipendenti da telefonino, ecco i segnali da notare per genitori e pediatri

da quotidianopediatria.it

Sono numeri da brivido quelli che riguardano oggi la dipendenza da device (telefonini e tablet) fra i giovani e giovanissimi italiani, in aumento dopo la pandemia, complici le lunghe giornate trascorse senza poter uscire e con uno smartphone in mano come unica distrazione e mezzo di interlocuzione con i propri coetanei. “Il 98% dei ragazzi italiani fra i 14 e i 19 anni possiede un telefonino da quando aveva 10 anni e il 50% trascorre dalle 3 alle 6 ore al giorno davanti allo schermo del cellulare. Tre su 10 hanno avuto modo di utilizzarlo prima dei 2 anni di età. Un adolescente su 10 si fa selfie pericolosi perché li espongono al rischio di adescamento, così come due su 10 entrano in catene di comunicazione sospette con sconosciuti. Il 60% rimane sveglio fino a tardi la notte per chattare, con conseguenze molto negative sul sonno. E in generale, il 90% dei nostri ragazzi usa queste tecnologie in completa autonomia. Il risultato è che la dipendenza da internet, dai social, dalle chat, è sempre più diffusa, e porta con sé il rischio di attività collaterali come il gioco d’azzardo, lo shopping compulsivo, non controllato, l’information overload addiction (il cercare in modo compulsivo informazioni di qualsiasi genere on line), la cyber sexual addiction (uso spasmodico di siti pornografici), e la cyberrelational addiction, cioè l’abitudine incontrollata di cercare relazioni su internet”. A evidenziarlo è Stefano Vicari, Ordinario di Neuropsichiatria Infantile all’Università Cattolica di Roma, Primario della UOC di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

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